10 cose che dimostrano che la vita delle donne dell’antica Roma (e Grecia) è stata tutt’altro che lo splendore mostrato nei film di oggi
Essere una donna nell’Antica Grecia e Roma non è come esserlo oggi. Le cose che oggi diamo per scontate non erano possibili al tempo. E non si parla solo di diritti e libertà ma anche delle cose più ordinarie.
Noi a Il Lato Positivo abbiamo scavato nel passato e abbiamo imparato diverse curiosità che possono aiutarci a capire cosa voleva dire essere una donna nel mondo antico.
Dovevano lavorare tanto.
In generale, la vita delle donne romane non era semplice. Se una donna era di bassa estrazione sociale era meno limitata nei movimenti rispetto ad una dell’alta società. Però doveva lavorare di più, ad esempio aiutando nelle fattorie.
Se una donna viveva in città, poteva diventare una levatrice, una balia, una parrucchiera, una sarta, un’attrice, una cameriera, una cuoca, o poteva intrattenere i romani come giocoliere o danzatrice. Le donne dei ceti sociali più alti dovevano occuparsi della casa.
Dovevano essere furbe quando avevano il ciclo.
Nei tempi antichi forse il ciclo delle donne era meno frequente di oggi a causa della loro alimentazione. In ogni caso, le signore romane e greche speravano in un abbondante rilascio, dal momento che temevano ci sarebbero state delle cattive conseguenze se il liquido fosse rimasto all’interno.
Come regola, le donne avrebbero dovuto restare in casa durante il ciclo e mettere tra le gambe dell’ovatta, della lana di pecora o degli stracci, che sarebbero poi stati lavati e riutilizzati. Inoltre, gli scienziati credono che le donne che avevano il ciclo indossavano delle mutande particolari, chiamate subligaculum.
Una donna doveva lasciare casa per 3 giorni per liberarsi del marito.
A quei tempi esistevano 3 tipi di matrimoni secondo la legge romana: “confarreatio”, che era un matrimonio tra patrizi o tra romani di elevata classe sociale, e il secondo tipo chiamato “coemptio”, matrimonio per acquisto.
E il terzo tipo è conosciuto come “usus” per la reciproca convivenza: una donna che viveva nella casa di suo marito per un anno veniva riconosciuta come sua moglie. Inoltre, nel matrimonio usus, se una donna era assente per 3 notti consecutive almeno una volta all’anno, allora avrebbe evitato che il marito stabilisse un controllo legale su di lei.
Dovevano andare alle terme per fare una chiacchierata.
Rispetto ad altre antiche città, l’igiene nell’antica Roma era ad un livello molto alto. La città aveva una rete fognaria ben sviluppata, bagni pubblici e terme che evitavano ai romani di puzzare; però i benefici erano piuttosto dubbi visto che i luoghi pubblici erano i posti perfetti dove prendere delle malattie. Ecco perché una donna romana doveva essere molto cauta quando andava alle terme.
C’erano comunque anche dei lati positivi. Le terme erano una sorta di luogo di ritrovo: le donne romane ci andavano per parlare con le loro amiche, ascoltare poesie e incontrare i loro innamorati. Nonostante a Roma non fosse comune che le donne e gli uomini stessero nello stesso luogo, successivamente il vescovo Augusto vietò alle donne di farsi il bagno completamente nude. Anche alle terme le donne romane dovevano indossare delle toghe particolari.
Non era comune allattare al seno.
Le donne ricche romane non allattavano al seno i loro figli. I neonati erano passati alle loro balie. Sorano, un influente medico di quei tempi, sosteneva che una madre era troppo stanca, dopo aver partorito, per allattare il figlio.
Inoltre, questo medico romano credeva che uno dei vantaggi dell’assumere una balia greca era che questa avrebbe potuto passare il dono della sua lingua madre al bambino attraverso il suo latte.
Dovevano sposarsi molto presto.
In media, le ragazze romane si sposavano quando avevano dai 12 ai circa 20 anni, ma le nobildonne percorrevano la navata anche prima. Secondo un’arcaica legge romana, l’uomo più anziano era il capo della famiglia e aveva il completo controllo sui suoi figli.
Aveva il diritto di concordare il matrimonio di sua figlia o figlio molto prima che questi raggiungessero l’età richiesta. Però la figlia poteva rifiutare il matrimonio se era in grado di dimostrare che il potenziale marito aveva un pessimo carattere.
I liberi costumi non erano così liberi.
In genere, l’Antica Roma era famosa per i suoi liberi costumi. E anche se non esisteva il matrimonio basato sull’amore reciproco, i poeti romani molto spesso esaltavano le relazioni tra due innamorati. Allo stesso tempo, erano gli uomini che più spesso avevano un’amante perché il tradimento, se fatto da una donna, era considerato inappropriato.
Lo stato sarebbe intervenuto nella relazione solo se l’unione fosse stata una minaccia allo status quo di qualcuno. In ogni caso, c’erano state volte nella storia romana in cui il tradimento femminile era stato seguito da una sanzione penale.
Il padre era il capo, anche dopo il matrimonio.
Nel primo Impero Romano, una figlia restava sotto il controllo del padre anche dopo essersi sposata e suo marito non aveva nessun potere legale su di lei. Da una figlia ci si aspettava che restasse fedele al padre anche se significava andare contro il volere di suo marito. Inoltre, una donna manteneva il suo cognome da nubile dopo essersi sposata.
Dovevano usare degli ingredienti cosmetici non-standard.
Le donne dell’Antica Roma si prendevano molta cura di loro stesse. A quei tempi andava di moda la pelle bianca e liscia. La lanonila, una sostanza ottenuta dalla lana delle pecore, era tra le preparazioni più popolari per le maschere. Allo stesso tempo, l’odore non era gradevole e molto spesso gli uomini se ne lamentavano. Le donne romane usavano anche altri strani ingredienti come succhi delle piante, sterco animale, zolfo, aceto, gusci d’ostrica tritati, cipolle con grasso d’uccello, e latte d’asino.
Le donne benestanti usavano lo sterco di coccodrillo e ceneri di lumaca per sbiancare la loro pelle. I romani creavano anche dei denti artificiali con l’avorio.
Le donne non avevano dei nomi personali.
Durante grande parte della storia dell’Antica Roma, le donne non avevano nomi personali. Veniva assegnato loro un nome a seconda della casata a cui appartenevano (Cornelia veniva dalla gens Cornelia). Se una famiglia aveva diverse figlie, un cognomen, tipo Tertia (terza), poteva indicare l’ordine di nascita. Ancora, le bambine prendevano il nome da quello del padre (Vipsania, la figlia di Vipsanius).
Successivamente, vennero dati 2 nomi alla donna, combinando il cognome del padre e il nome del luogo in cui era nata. Nella tarda antichità, le ragazze prendevano spesso il nome dalle loro madri o da altri parenti donne che, a loro volta, prendevano il nome da santi.
Quali elementi del passato ti sembrano più incredibili?